Storia di Melfi

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Federico II un ponte tra oriente e occidente

La storia

Melfi, città delle Costituzioni di Federico II, è ancora racchiusa entro la cinta muraria, dominata dalla mole imponente del Castello. Giace su una collina che le ha conferito il carattere di fortezza militare e quel fascino tipico di un antico borgo medievale. Severa nel suo impianto urbano risalente al periodo normanno-svevo, la città offre emergenze architettoniche ricche di storia, contornate dalle bellezze naturali del Vulture e dei Laghi di Monticchio.

Nel punto in cui la Basilicata si incunea tra la Campania e la Puglia, su un colle vulcanico, alle pendici nord orientali del Monte Vulture, sorge Melfi. Posta a 532 metri sul livello del mare, ha un territorio con superficie di 205,15 kmq. Confina con i comuni di Lavello, Rapolla, Rionero in Vulture, in provincia di Potenza; con Aquilonia, Lacedonia e Monteverde, in provincia di Avellino; con Rocchetta S. Antonio, Ascoli Satriano e Candela, in provincia di Foggia.

Città delle Costituzioni di Federico II e antica capitale normanna, Melfi fu anche sede di cinque concili e di un concistoro papale. L’etimologia del nome deriverebbe dal fiume Melfia, di cui fa menzione Plinio, che scorre ai piedi della collina su cui sorge. Incerta è l’origine della città. Il primo insediamento risalirebbe all’età del ferro ed ebbe un notevole sviluppo trasformandosi da semplice borgo indigeno a punto di incontro delle civiltà lucana, dauna e sannita. Rilevante doveva essere, anche, l’insediamento del V-IV secolo a.C., come testimoniano le necropoli di Chiuchiari, Cappuccini e Valleverde. In quest’ultima sono state rinvenute le ceramiche decorate in rosso di scuola locale, detta del “Pittore di Melfi”. Mentre, in contrada Pisciolo, in alcune tombe, sono venuti alla luce oggetti di lusso e preziose suppellettili, che confermano la ricchezza del periodo. L’ipotesi più attendibile circa le origini della Melfi medievale é quella greco-bizantina. Guglielmo Apulo fa risalire la fondazione della città al 1018, in un programma di ristrutturazione difensiva di tutta la Puglia voluto da Basilio Bojoannes. La grandezza e l’importanza storica di Melfi ebbe però inizio con i Normanni, i quali, arrivarono nel Sud intorno al 999, al comando di Giliberto e Rainulfo Drengot, trovando un regno politicamente frammentato e disunito. Ciò gli permise di tentare la costruzione di un regno unitario. Melfi, all’epoca dei Normanni, era già una fiorente città di frontiera le cui fortificazioni erano ritenute inferiori solo a quelle di Bari. Nel 1037, Nicola, arcivescovo di Canosa, ne aveva elevato la Chiesa a vescovado. Nel 1041 inizia la dominazione normanna di Melfi: nell’autunno del 1042, i nuovi conquistatori convocarono nella città un parlamento generale, nominando Guglielmo Braccio di Ferro primo Conte di Puglia e dividendosi le terre conquistate. Melfi fu dichiarata città-comune. Ogni capitano vi costruì il proprio palazzo, facendo di essa la capitale della nuova contea. Giacché il diritto feudale stabiliva non poter essere il conte figura indipendente, occorreva un sovrano feudatario. Il riconoscimento fu ottenuto prima da Guaimaro V, principe di Salerno, e poi dall’imperatore Enrico III; infine da papa Leone IX. Il pontefice cercò di opporsi all’espansione normanna, ma fu sconfitto a Civitella. Condotto a Melfi come prigioniero, ne legittimò i domini, mentre i nuovi conquistatori si inginocchiarono al suo cospetto chiedendo perdono. A Roberto, detto il Guiscardo, si deve il potenziamento delle mura di Melfi, la prima cattedrale e la dotazione di rendite al vescovado. Nel 1059 il papa Niccolò II, convocò il primo Concilio di Melfi con lo scopo precipuo di sottrarre la Chiesa al potere tedesco e ridarle quella libertà d’azione ormai perduta. D’altra parte essa riconoscerà ai Normanni la loro identità di popolo libero ed autonomo. Pertanto saranno tolte le scomuniche, inflitte dal precedente papa Leone IX. Roberto il Guiscardo è investito Duca di Puglia e Calabria, un vero passaporto alla conquista dell’intero meridione.

Il ruolo di Melfi, quale retroterra della conquista, è ribadito dalla convocazione nella città dei successivi quattro Concili. Di particolare importanza, il terzo, che venne proclamato nel 1089 da Urbano II. La rilevanza di quest’assise è nell’impostazione di un diritto canonico unitario, nella condanna del nicolaismo e nell’obbligo del celibato per il clero. Ed é a Melfi che istituisce la “Lega Santa” e dà inizio alla predicazione per la Prima Crociata. Nel quarto Concilio (1101) papa Pasquale II concede a Melfi il privilegio di dipendere direttamente dalla Diocesi di Roma ed ai Vescovi di essere consacrati in perpetuo dal Pontefice. Nel 1130, si tiene un gran parlamento, durante il quale Ruggero II viene nominato “Re di Sicilia e Duca di Puglia e Calabria”. Di fronte alla politica assolutistica ed accentratrice di Ruggero, la città, che vede spostare definitivamente il centro del potere politico a Palermo, più volte si ribella. Ai Normanni succedettero gli Svevi, e Federico II scelse Melfi come luogo della sua residenza estiva. Nell’agosto del 1221 papa Onorio III convocò nella città un concistoro, che vide la partecipazione delle più alte cariche laiche ed ecclesiastiche del regno. L’adunanza fu motivo di incontro tra il Papa e Federico II in un momento di grande tensione, in vista della imminente partenza per la seconda crociata. Crociata, che sarà condotta dall’Imperatore in maniera davvero singolare. Non una guerra di religione, ma un patteggiamento fra la cristianità ed il sultano, Al Kamil. Il papa Gregorio IX non accetterà tale metodo e su Federico II si abbatterà la scomunica. Sin dall’inizio del suo regno, Federico II ebbe come modelli Augusto e Giustiniano, i due massimi legislatori di Roma e di Bisanzio. A Melfi istituì una “scuola di logica”, al fine di preparare i dignitari al grande evento delle “Constitutiones Melphitanae”, che emanò nel 1231. La codificazione, la più importante dopo quella di Giustiniano, riorganizza tutta la materia politica del Regno in un corpus legislativo unitario e moderno, armonizzando il diritto romano con quello germanico. La scelta di Melfi non fu fortuita. Federico II, che aveva propositi ben precisi, fra l’esoterico splendore di Palermo e i castelli svevi delle brume foreste teutoniche, scelse per le sue Costituzioni, la Caput Apuliae dei suoi avi normanni. Il codice federiciano, tradotto anche in greco, suscitò la reazione del Papa che ritenne l’atto un abuso da parte di Federico II, impossibilitato a legiferare, per di più in materie di pertinenza della Chiesa (matrimonio ed usura), ritenendolo suo suddito. Ancora una volta la scomunica fu inevitabile. Federico II, vero sovrano illuminato, fu amante delle arti, della letteratura e delle scienze, favorì gli studi e creò uno stato autonomo anche se assolutistico. A Melfi egli allocò la sede della “Camera del Regno”, dell’Archivio e della Corte dei Conti.

Ed ancora, uno fra i più bei giardini zoologici, nel quale sarebbe apparsa, per la prima volta in Europa, la giraffa, dono del Sultano, a conclusione della Crociata. Con la fine degli Svevi, Melfi assunse un ruolo di semplice spettatrice nelle vicende del Regno. Nel 1266 subentrarono gli Angioini con Carlo I D’Angiò, il quale adottò una politica repressiva. Nel 1350, gli Acciaioli diventarono i primi feudatari della città, mantenendone il possesso fino al 1392. Succedettero i Marzano e i Caracciolo, alla corte dei quali si riunivano letterati ed artisti. Proprio con i Caracciolo, Melfi riacquistò splendore e vennero completate molte strutture urbane: durante questo periodo la città era conosciuta come la “Napoli seconda”. Nel 1528, in pieno conflitto tra Spagnoli e Francesi per il possesso del regno di Napoli, Melfi venne saccheggiata dall’esercito francese guidato da Lautrec. Dopo la riconquista spagnola, fu affidata al principe d’Orange. In seguito Carlo V di Spagna donò la città, col titolo di principe, all’ammiraglio genovese Andrea Doria: è per Melfi l’inizio del pieno servaggio feudale caratterizzato da una condizione di forte emarginazione. Rimase feudo dei Doria fino al 1806 quando Gioachino Murat abolì il feudalesimo. Tali leggi abrogative e la soppressione degli ordini religiosi, portarono all’ascesa del ceto borghese e mercantile. La decadenza della città fu segnata anche da fenomeni quali la peste e terremoti che apportarono danni e gravi perdite. Terribili quelli del 1694, 1851 e 1930, che danneggiarono i monumenti maggiori e l’edilizia minore, cancellando tracce notevoli della storia e dell’arte locale. Melfi, già capoluogo di uno dei quattro circondari lucani, il Melfese, da oltre un secolo rivendica tale suo ruolo. La prima richiesta di elevazione a provincia, risale all’indomani dell’Unità d’Italia, a mezzo di delibera comunale del 1866.

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